La tasca sul cuore
Una potente storia di sentimenti che si dipana tra il presente e il passato, alla ricerca delle proprie radici.

Il libro:
“La tasca sul cuore”
È l’alba del 1936 e dal porto di Genova due donne dall’aspetto dimesso stanno per imbarcarsi in un viaggio verso l’ignoto. La più anziana delle due, accompagnata dalla nuora, è in cerca del figlio, scomparso nel nulla a Rio De Janeiro, e dovrà addentrarsi nelle praterie del Brasile dove, forse, in una fazenda troverà le risposte di cui ha bisogno. Ai giorni nostri, Luna, ultima erede di un’antica famiglia ferrarese, vuole ricostruirne la storia. Nella soffitta della casa di famiglia, ormai in fase di demolizione, trova un fascio di vecchie lettere. Inizia così la corsa contro il tempo per unire i tasselli di un mosaico che potrà aiutarla a ritrovare se stessa e la speranza di un futuro per l’antica dimora.

Il fascino della storia, come quello del mare, risiede in ciò che cancella:
l’onda che sopraggiunge fa sparire dalla sabbia la traccia della precedente.
Gustave Flaubert

La storia
La storia su cui si basa il romanzo ha inizio agli albori del Novecento. I protagonisti sono Ottavia, donna anziana e coraggiosa, sua nuora Margherita, mite e fiduciosa, e Filippo, un uomo molto bello e un po’ incosciente che, mentre si trova a Genova in visita a parenti, vede la nave in porto e, senza pensarci due volte, si imbarca per il Brasile.
Il romanzo racconta una storia semplice: quella di Ottavia, una madre alla ricerca del proprio figlio, di cui non ha più notizie da tempo. Ha scoperto, grazie a una lettera del 1913, che Filippo è improvvisamente partito per Rio de Janeiro in cerca di fortuna. Lui le scrive in modo abbastanza regolare, ma dal 1935 la madre non ha più sue notizie. Decide dunque di partire per il Brasile in compagnia della nuora, Margherita, con l’obiettivo di ritrovarlo.

Scopri la vera storia
La famiglia di Chiara acquistò all’inizio del Novecento da un discendente dei duchi Varano da Camerino un piccolo nucleo abitativo (due case affacciate su un cortile) nel borgo di San Luca. Non si trattò di un vero acquisto, ma di un’enfiteusi, cioè di un affitto a riscatto: fra le carte di famiglia vi sono gli splendidi documenti originali. Insieme alle case, la famiglia acquistò anche un ponte privato, con diritto di riscuotere un pedaggio da chi attraversava il canale Primaro per andare dal quartiere di S. Giorgio a quello di S. Luca (via del Pontino c’è ancora).
La storia della famiglia è incentrata sulle attività connesse al fiume e al ponte: le anziane riscuotevano il pedaggio, le più giovani facevano le lavandaie a pagamento, direttamente sul canale, per le famiglie agiate “di città”. L’attività ferveva in modo particolare durante le due fiere annuali (in occasione della domenica delle Palme e di S. Martino), in questi giorni il ponte veniva usato da molte persone e da intere mandrie, i parenti dell’autrice organizzavano anche il deposito cicli a pagamento.
Le due fiere erano dedicate al Santuario del SS.mo Crocifisso di S. Luca, anche il crocifisso ha una storia pittoresca e leggendaria legata all’acqua, dato che pare sia apparso miracolosamente sulle acque del Primaro e che si sia fatto tirare a riva solo da un uomo del popolo dall’animo semplice, aiutato da due magre vaccherelle. Il padre di Chiara faceva il chierichetto presso il santuario negli anni in cui il parroco cercò di vendere e di sostituire con una copia la madonna in terracotta di Domenico di Paris (vedi giornali dell’epoca), e temette di essere coinvolto anche se innocente.
Su via Fabbri, all’altezza dello stradello che portava alle case e al ponte, vi era un grande arco monumentale con 4 pilastri, l’unico rimasto in piedi, perché i Varano non vollero demolirlo, facente parte del porticato, simile a quello di S. Luca a Bologna, che si stava costruendo nel quartiere per le processioni (la costruzione si era fermata a 80 archi poi si era fermata per mancanza di denaro).
Venne demolito, con tanto di permesso della Soprintendenza alle belle arti, perché pericolante.
Purtroppo anche il ponte di famiglia fu demolito, in epoca fascista, quando si decise di allargare il canale, che era molto frequentato da battelli che trasportavano derrate varie, come prodotti dell’agricoltura e interi carichi di mattoni provenienti dalle fornaci. La corrente del canale veniva risalita per mezzo di buoi o cavalli che tiravano le chiatte e procedevano lungo altane che affiancavano il corso d’acqua. L’allargamento del Primaro portò molto lavoro agli “scariolanti” che arrivavano in bici con carriola e badile, subito dopo la grande crisi, ma provocò la rovina della famiglia, che fu costretta ad abbattere una parte di casa, un pozzo e una stalla e perse la principale fonte di guadagno. Ebbe così inizio una lunghissima querelle giudiziaria tra i Forlani e il Genio Civile, sull’entità dell’indennizzo per l’esproprio, che purtroppo non si risolse a favore della famiglia, che alla fine, dopo molti anni, rimase a bocca asciutta.
Capitoli
Pagine
Un romanzo ispirato ad una storia vera: una storia di famiglia, di lavori ormai dimenticati legati all’acqua e al territorio, collocata in un luogo in cui si ergevano edifici la cui storia è assai poco conosciuta.

I protagonisti

Ottavia

Filippo

Margherita

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e scopri di più su ognuno di loro

Mostra documentaria
Esposizione dei documenti originali tenuta nella Biblioteca Bassani nel Settembre 2019

Recensioni
