È difficile immaginare la gioia che ho provato a tornare in classe. Per una volta, non nella veste di insegnante ma in quella di scrittrice, ho risposto alle domande dei ragazzi, anche le più strane. Stupita, li ho visti protendere i loro fogli sulla cattedra per avere un autografo. Come se fossi una star.
Ho spiegato cos’è la scuola in ospedale, dicendo che lavoriamo con i bambini malati, che andiamo nelle stanze a portare un sorriso. Il ricavato delle vendite del Viggio di Kordelia andrà proprio a loro, per comprare libri, giochi, album e colori. Porterà un po’ di allegria nelle camere dove regna la sofferenza.
I ragazzi mi hanno fatto domande sulla storia di Kordelia. Alcuni avevano già letto il libro, e gli interrogativi non mancavano. Altri volevano che io leggessi il primo capitolo. C’era chi mi chiedeva come avevo ideato quella storia e un giovane dal ciuffo ribelle mi ha intervistata sul significato dei miei tatuaggi.
Sono entrata in classe ed ero felice. Senza voce, ma felice. Ho tutta l’intenzione di continuare, se il covid me lo permetterà. Grazie, pikkola Kordelia!
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